(Scroll down for Italian)
Davide Zambon is a professional ghostwriter, and a writer. He's also a digital nomad - he lives in the Italian Alps. As a ghostwriter, he likes to test his chameleon's skills writing "almost everything"; as a writer, he freely mixes real life, fantasy, and exploration of the real world - physical and metaphysical - trying to connect things that are very distant from each other, and himself to Nature. He writes in Italian. He writes below about 6 common questions about ghostwriting he gets asked.
Picture the scene. There’s a long table in the heart of a hillside evening; a dozen or so guests are seated among candles, whose flames tremble in the breeze that comes from the woods. The dishes have been emptied with special care, a few bottles have yet to be finished. I know no one but the hosts and my wife, who sits by my side. At some point, someone asks what I do for a living; “I'm a ghostwriter,” I reply.
The guests’ interest is piqued. The dynamics of ghostwriting are little known to the commoner; mystery surrounds not only the professional figure, but also his or her relationships with clients - the so called “authors”; and there are always those who bring up the sad, sad end of Ewan McGregor in Roman Polanski's film.
So, here are the answers to the most typical questions I am asked on these occasions. And the reason why I usually have dinner alone.
Does it bother you that the book you wrote will not bear your name?
To this question I always answer without hesitation: no. The reason is simple: the stories I am asked to tell are not my own, they are those of my clients. I have my own stories - and I tell them in my books. Books which will bear my name.
How can you write about something you don't care about?
Ghostwriting is a job; there are moments of absolute magic, of complete resonance between art, technique, and purpose; and moments of undeniable, torturous, and unbearable daily grind.
Sometimes it’s Beauty and Meaning; sometimes you just carry through, coffee-and-word-count-powered.
However, what really interests me is the act of writing - the putting of words in a line, the search for tone, story flow, and for sentences. Whether this “art” of mine is applied to an adrenaline-pumping action story, a thoughtful autobiography or an essay on the history of vacuum cleaners, it matters little - within certain limits.
But: do you really write about everything?
Almost; and I’m used to being both a bearded academic wordsmith and a chick-lit female writer at the same time.
Ghostwriting is the application of writing to the task at hand; this therefore requires a twofold level of study - that of the specific elements of the story and that of the rules and conventions of the genre you’re called to attend.
That said, no one forces you to write anything. Some ghostwriters are prized because they are experts in a single genre, while others are valued for different qualities (not necessarily related to writing), such as the ability to change tone, to empathize with the client, or the speed of execution.
Personally, I used to say that I’ll really write anything but I obviously have no-no's (finance and politics, fairies and angels); themes that I evaluate (detective stories and thrillers, which I generally reject except if I feel attracted to a particular setting or nuance); and favorites (fictional autobiographies).
Don't you wish you received credit for the sentences you write?
Absolutely not. Writing is inexhaustible, the combinations of sentences are - thank God - endless.
Ghostwriting is the search for the right tone and the right phrases for that story, and the professional's pen serves those.
But when I go back to being a writer and working on my own stories, then - yes: I am jealous of my every invention, my every sentence.
What if the book flops?
I'm sorry, but it's not my domain. Publishing success is not necessarily (not anymore?) related to the quality of the book. Marketing actions, market contingencies, sudden fads, #booktokers and other web phenomena, the right story at the right time, the alignment of the stars: the factors that decree a book’s success are endless, and inscrutable remains the reader's favor. And even if each and every of the above boxes is checked, a book’s success asks the author - the one that signs the book - an exceptional expenditure of energy.
(This concept is a very clear point in the contract that binds me to the client.)
Can you tell me a famous book you've written?
Ahah, nice try. But I won't reveal a name even after the fourth Negroni.
Next question?
(In any case, the confidentiality clause in my contracts prevents me from answering this question.)
Don't think that ghostwriting is a scam?
I don't think so; but I was asked this question at the end of a presentation of my first book, when we went on to talk about my daily job.
If you invite people over and get compliments on your bathroom, no one expects you to have taken care of the plumbing and the tiling. So?
You can reach David at davide@davidezambon.it
6 domande per un ghostwriter
Immagina la scena. È una lunga tavolata nel cuore di una sera di collina; una decina di ospiti sono seduti tra le candele; una brezza proviene leggera attraverso il bosco; i piatti sono stati ripuliti con particolare cura, qualche bottiglia deve ancora cadere. Non conosco nessuno se non la coppia dei padroni di casa e la mia compagna, che siede al mio fianco. Ad un certo punto, qualcuno chiede che lavoro faccio; “sono un ghostwriter”, rispondo.
L’interesse è provocato, è inevitabile: le dinamiche del lavoro del ghostwriter sono poco conosciute; un alone di mistero circonda non solo la figura professionale, ma anche le relazioni che questa intrattiene con i clienti - gli “autori”; e c’è sempre chi tira fuori la triste fine di Ewan McGregor nel film di Roman Polanski.
Ecco le risposte alle più tipiche domande che mi vengono poste in queste occasioni.
Non ti dà fastidio che il libro che hai scritto non porterà la tua firma?
A questa domanda rispondo sempre senza tentennamenti: no. Il motivo è dei più semplici: le storie che mi viene chiesto di raccontare non sono le mie, sono quelle dei miei clienti. Io ho le mie, di storie, e le racconto nei miei libri.
Tanto più che non è detto che le storie altrui mi piacciano. La domanda successiva quindi è sempre la stessa.
Come fai a scrivere di qualcosa che non ti interessa?
Il ghostwriting è un lavoro, ci sono dei momenti di assoluta magia, di consonanza tra arte e tecnica e scopo, e dei momenti di innegabile e torturante routine.
Alle volte è una magia carica di significato; alle volte semplicemente scrivi, mosso dalla caffeina e dal contatore delle parole.
A me però quello che davvero interessa è l’atto della scrittura - il mettere le parole in fila, la ricerca del tono, del flusso della storia, delle frasi. Che questa mia “arte” sia applicata ad un’adrenalinica storia d’azione, a una pensosa autobiografia o a un saggio sulla storia degli aspirapolvere, poco importa - entro certo limiti.
Ma scrivi proprio di tutto?
Quasi. E sono abituato ad essere nello stesso tempo un barbuto scrittore accademico e una scrittrice di chick-lit.
Il ghostwriting è l’applicazione delle scrittura al compito che ti viene richiesto; questo richiede quindi un duplice livello di studio - quello degli elementi specifici della storia e quello delle regole e delle convenzioni di un certo genere.
Detto questo, nessuno ti obbliga a scrivere di tutto. Ci sono ghostwriter richiesti perché esperti un genere, e ghostwriter apprezzati per altre qualità (non necessariamente legate alle scrittura), come la capacità di immedesimazione, l’empatia con il cliente o la velocità di esecuzione.
Personalmente dichiaro di scrivere di tutto, ma ho anche dei no-no (finanza e politica, fate e angeli), dei temi che valuto di volta in volta (gialli e thriller, che in genere rifiuto al netto che non mi interessi l’ambientazione o una particolare declinazione della storia); e degli evidenti favoriti (autobiografie romanzate).
Non vorresti ricevere riconoscimento per le frasi che scrivi?
Assolutamente no. La scrittura è inesauribile, le combinazioni delle frasi sono (grazie a dio) infinite.
Il ghostwriting è ricerca del tono e delle frasi giuste per quella storia, e la penna del professionista è al servizio di quelli.
Quando invece torno ad essere scrittore e a lavorare sulle mie storie, allora sì: sono geloso di ogni mia invenzione, di ogni mia frase.
E se il libro fa flop?
Mi dispiace, ma non dipende da me. Il successo editoriale non è necessariamente (non è più?) legato alla qualità del libro. Azioni di marketing, contingenze del mercato, improvvise mode, #booktokers e altri fenomeni del web, la storia giusta al momento giusto, l’allineamento degli astri: i fattori che lo decretano sono infiniti, e imperscrutabile resta il favore del lettore. E anche se ognuna delle caselle di cui sopra è spuntata, il successo di un libro chiede all’autore - quello che firma il libro - un investimento di energie enorme.
(Per ogni evenienza, questo concetto è un punto ben chiaro del contratto che mi lega al cliente.)
Mi dici un libro famoso che hai scritto?
Ahah, ottimo tentativo. Ma non crollerò neanche dopo il quarto negroni.
Prossima domanda?
(In ogni caso, la clausola di riservatezza presente in ogni contratto mi impedisce di rispondere.)
Non credi che il ghostwriting sia una truffa?
Non lo credo, ma mi è stato chiesto alla fine di una presentazione del mio primo libro, quando si è passati a parlare del mio lavoro.
Se inviti delle persone in casa e ricevi dei complimenti sul tuo bagno, nessuno si aspetta che tu ti sia occupato di tubature e piastrelle. Quindi?
You can reach David at davide@davidezambon.it
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